Il mistero del calzino spaiato

C’è una questione grave che non riesco mai a risolvere, è il mistero del calzino scomparso.
Per quanto mi impegni, e giuro lo faccio veramente, spesso e volentieri mi ritrovo con i calzini spaiati.
Non ho ancora scoperto come questo succeda, se scompaia in lavatrice, si nasconde nel cassetto oppure se lo mangia la tartaruga. Il fatto è che il conto non torna mai.
Il calzino fuggitivo a volte ritorna, quando ormai avevo perso le speranze e subito ne sparisce un altro. Forse giocano tutti quanti a nascondino e ovviamente a qualcuno tocca cuccare. E’ un problema diffuso, ed è uno dei misteri più misteriosamente misteriosi che inquietano il genere umano.
Ceste di calzini spaiati che, dico io, dicono tutti, pure se fossero andati a finire sotto il letto, dietro i mobili, in un altro bucato, dentro a una scarpa, prima o poi uscirebbero fuori e si riappaierebbero, e invece no: il secondo calzino scompare inghiottito da qualche entità astrale, scompare nel buco dell’ozono....e tentare di interrogare i miei animali domestici ?…magari ne sanno più di quanto possa immaginare.
Qualcuno dice che, lavati in bucati diversi, magari si tingono e uno non li riconosce più come coppia: niente di più falso. I calzini spaiati hanno fogge completamente diversi, e non credo che il bucato cambi loro anche la trama del tessuto, il modello e il disegno.
L’unica soluzione che ho trovato sarebbe quella di comprare tutti i calzini uguali, ma tutti tutti. Così non sarebbero più spaiati, solo ogni tanto qualcuno rimarrebbe da solo, per un po’ di tempo, ma almeno la mattina non impazzirei a vestirmi...

...ma il mistero non sarebbe comunque risolto.

venerdì 30 ottobre 2009

Il teorema del calzino stravangante









Ore 16.00. caffè e sigaretta al bar di sotto.  Un uomo esce dal bar. Prende la bicicletta appoggiata al muro di fronte. Sale in sella.




L’occhio (il mio) finisce sulla caviglia (la sua) pronta per la prima pedalata.
Un calzino turchese fa capolino.
Non so se sia per tutta questa storia del calzino turchese del giudice Mesiano, il fatto che io l’abbia notato o che lui l’abbia indossato.
Fatto sta che, probabilmente, fino ad un paio di giorni fa quel pedalino (come affettuosamente lo chiamano i romani) non avrebbe destato interesse.
Oggi si. O meglio è già qualche giorno che il colore dei calzini del giudice Raimondo Mesiano, sbattuti “in prima pagina“, come si suol dire, sono divenuti simbolo di “stravaganza“.
Come il fatto che fumi tanto, del resto.
Chissà, magari calzini colorati e troppo fumo fanno male alla salute.
Sarà stato un avvertimento?
La storia del giudice Mesiano e dei suoi calzini la conoscono, penso, tutti.
Delle reazioni, anch’esse “stravaganti” del Leader del PD, Franceschini, ne parla il blog Akille.net, dei metodi poco “ortodossi” del “giornalismo d’inchiesta alla Mediaset” il blog Le Malvestite.
Intanto, l’autore del “fattaccio”, il giornalista Claudio Brachino, (conduttore di Mattino 5) si “scusa“.
Per farlo sceglie il giornale di famiglia. Quella di Berlusconi, ovviamente.
“Mesiano”, sostiene Brachino, ” è diventato un personaggio di pubblico dominio. In questo contesto ho deciso di trasmettere quelle immagini, per dare sostanza televisiva (ma ci crederà davvero a quello che dice?) a una figura di cui si leggeva e si sentiva parlare, ma di cui poco si era visto” (!!).
Le scuse di Brachino sembrano tanto “stravaganti” quanto il “pezzo di raro giornalismo” che ha mandato in onda e poi commentato.
Speriamo che d’ora in avanti, i giudici abbiano, la possibiltà di scegliere con serenità quali calzini indossare.
O passerò la vita ad osservare le caviglie di ignari passanti.

Libertà di calzino


21 ottobre 2009 

TOGHE IN MOBILITAZIONE - ALLE PORTE DI PUBBLICI MINISTERI E GIUDICI VOLANTINI DI SOLIDARIETÀ AL COLLEGA MILANESE «SPIATO»



«Libertà di calzino», i magistrati color turchese per una settimana.
Un colore, il turchese dei calzini assurto, «sulla spinta dell’incombente attualità degli ultimi giorni», a emblema cromatico della sfera personale, quella individuale, «della riservatezza, della privacy e dell’inviolabile identità del singolo»
«Un colore», il turchese dei calzini del giudice Mesiano «spiato» dalle telecamere di Mattino Cinque durante la sua «stravagante» passeggiata d’inizio giornata tra «stravaganti sigarette» e la «stravagante» attesa del proprio turno dal barbiere, che i magistrati hanno eletto a tinta-simbolo «per difendere la nostra dignità e la nostra indipendenza ».
Dice espressamente così, il volantino di protesta esposto agli usci delle toghe scaligere in questi giorni: «La toga nera rappresenta la pubblica funzione, i 'calzini turchesi' la sfera privata e in tangibile di ciascuno». 


Al di là dell’aspetto squisitamente stilistico alla categoria dei magistrati preme fare un richiamo su quella che dovrebbe rappresentare l’unica e autentica funzione della magistratura: ovvero garantire giustizia ai cittadini. Nulla a che fare, dunque, con il doversi difendere dagli attacchi pretestuosi, dalle polemiche strumentali, dalle critiche di stampo politico o dalle intrusioni nella sfera personale. «E’ ai cittadini che dobbiamo rispondere, a nessun altro». Lo stesso comandamento che campeggia anche alle porte dei magistrati dai rispettivi manifesti di protesta tinta turchese: perché «Noi - ricordano - siamo chiamati quotidianamente a prendere decisioni su casi semplici come su casi difficili, che incidono sulla libertà, sul patrimonio, sulla vita stessa delle persone...Ma a nessuno possono essere consentiti l’attacco e l’invasione della sfera privata della persona-magistrato, solo perché abbia emesso una decisione a taluno sgradita...» E se i suoi calzini sono rossi o azzurra, nulla deve importare. Tanto meno alle telecamere.

La confessione di calzino

  
Calzino: Mi perdoni padre perchè ho peccato...
Sacerdote: Dimmi i tuoi peccati figliuolo
Calzino: booooooooooooh!!!!
Sacerdote: come boh??
Calzino: non li so padre...
Sacerdote: come sarebbe a dire che non li sai??
Calzino: non so cosa sono i peccati..
Sacerdote: ma tu il catechismo l'hai mai fatto??
Calzino: si però quando spiegavano i peccati ero assente!
Sacerdote: mhm.. vabbè il peccato ragazzo mio è quella cosa che fa piangere Gesú capisci??
Calzino: si!
Cervello di calzino: no!
Calzino zitto tu!!
Sacerdote: come??
Calzino: no no scusi non parlavo con lei..
Sacerdote: e con chi parlavi?
Calzino: con... euhm.. con il mio angelo custode!!
Sacerdote: ah capisco...
Calzino: gh gh idiota!
Sacerdote: hai detto qualcosa??
Calzino: no no...
Sacerdote: bene, allora ora sai cos'è il peccato giusto?
Calzino: si è quella cosa che fa piangere Gesú
Sacerdote: bravo allora fammi un esempio di peccato
Calzino: ...
Sacerdote: ...
Calzino: la cipolla!!!
Sacerdote: LA CIPOLLA???
Calzino: SII LA CIPOLLA!!
Sacerdote: ma cosa c'entra la CIPOLLA ORA???
Calzino: la cipolla fa venire da piangere!!
Sacerdote: non c'entra, non è un peccato la cipolla vabbenee????
Calzino: ma perchè guardi che gli assicuro che io l'altrogiorno aiutavo il mio papà a tagliare la cipolla e...
Sacerdote: FINISCILA CON QUESTA CIPOLLAAAA!!
Calzino: ...
Sacerdote: ...
Calzino: lo shampo??
Sacerdote: BASTA FUORI DI QUI!!!!!
Calzino: Noooo aspetti guardi che io non parlo del Johnson's baby dico quelli smarzi che...
Sacerdote: HO DETTO FUORIIIIIIIIIIII E PER PENITENZA 455 AVE MARIA E 800 PADRE NOSTRO, E ORA FILA VIAAAI!!
Calzino: ma sigh...
Papà calza: allora com'è andata la confessione??
Calzino: lascia perdere papy sono un teologo incompreso..
Papà calza: ....????

La rivincita del calzino spaiato



E’ bello vedere come ci siano delle persone in grado di innovare e non rimanere sedute "a guardare la vita che passa".
Una di queste è Francesca Sanzo, attivissima mamma blogger che si è proposta, con un monologo, in uno spettacolo teatrale il 25 Febbraio al
Teatro della Rabbia (Bologna).
Francesca, conosciuta nella blogosfera come Panzallaria, racconta il lato b della vita e della maternità, tentando di smascherare in modo scanzonato le imperfezioni di chi rifiuta le sbavature e ha intrapreso una lotta senza quartiere contro gli aspetti più inquietanti e talebani dell’essere madre oggi.
Una trentenne che dà spazio alle proprie emozioni e, magari anche in modo irriverente, racconta le sue avventure comico-realistiche. Un blog che esce dal virtuale si svela agli occhi di un pubblico curioso.
L’onore di interpretare Panzallaria a teatro è di Anita Giovannini, attrice bolognese professionista, che ha dato maggior smalto agli aneddoti di Francesca.
Prima di lei, già Claudia de Lillo, la Nonsolomamma della rete, ha proposto al grande pubblico (attraverso un libro) la sua storia di mamma divisa tra lavoro, figli, marito e tutto il resto.
Stiamo assistendo alla rivoluzione delle mamme blogger?

Risveglio



Avvilita, ma ancora tua
la vita torna a insinuarsi
tra i viavai dei nocchieri
mille nuvole fuggono a Sud
il giorno
riemerso dal torpore
si ritrova le tasche imbottite di stelle
e un alone di brina sul colletto
c’è qualcosa di nuovo
e di usurato
nell’aria inevitabile del mattino
tu sei ancora lì
affranto ed indeciso
con un calzino in mano
e un sogno a metà strada
nel taschino

Libri: Nudo d’uomo con calzino di Giulia Blasi


«Ero esasperata, volevo un letto, una casa, un posto dove farlo in piedi, a pecora, a forbice, a spaccatigre, a rovescio, a sessantanove, ululando come un lupo, senza gli occhi di Padre Pio piantati nella schiena, i ricci sotto le ruote, i pipistrelli dentro i finestrini, le torce puntate sulle tette nude e la noia di una vita sessuale a smorzacandela». [da 'Nudo d'uomo con calzino']
Difetti e tic, manie e fobie tipiche degli uomini quando si apprestano a sedurre riportati in ‘Nudo d’uomo con calzino e altre imperdonabili gaffe del maschio sotto (e sopra) le lenzuola’ di Giulia Blasi, pubblicato recentemente da Einaudi.

Un’adorabile galleria di ritratti maschili, raccontata con voce graffiante e amorevole insieme. Un tragicomico carosello di storie che diventa una moderna educazione sentimentale per uomini disposti a ridere sulle proprie défaillance, e per donne disposte a mettersi in discussione e a insegnare ai partner a fare il proprio mestiere sotto le lenzuola.
IL LIBRO – Quelli che l’importante è durare, quelli che prendono ancora le misure, quelli che il sesso è sopravvalutato, sono altre le cose che tengono insieme una coppia, quelli che si mettono la mano sul fianco e ammiccano di fronte all’obiettivo.
Quelli che scusami ma ti rispetto troppo e quelli che invece non capiscono la parola no, quelli trasandati e quelli perfettini, quelli che dopo non richiamano, quelli che lo vorrebbero fare strano al primo appuntamento, quelli incapaci di cogliere i segnali e infine gli immancabili, classici, stronzi.
L’AUTORE Giulia Blasi è nata a Pordenone nel 1972. Ha pubblicato Sottotitoli per non vedenti in Ragazze che dovresti conoscere, Ultima notte in via Zanetti in La notte dei blogger (entrambi Einaudi Stile Libero, 2004) e Nudo d’uomo con calzino (Einaudi Stile Libero, 2009).
Ha scritto, tra gli altri, per «Marie Claire» e «Grazia». Attualmente collabora con Donnamoderna.com e scrive contenuti per il web. Su Menstyle.it tiene il blog «Me parlare donna un giorno», dedicato alle difficoltà di comunicazione fra i generi.
Il blog dell’autrice www.saitenereunsegreto.com

Per chi ancora è capace di sognare…

Storie di calze a righe
Nella terra di chissàdove e al tempo di mai più, c’era un signore un pò serio e un pò triste… era in mezzo a tanta gente ma si vedeva che in fondo si sentiva solo…

Un bel giorno incontrò una signora con le calze a righe e fin dal primo istante capirono che insieme potevano fare grandi cose, così la signora dalle calze a righe regalò al signore che aveva incontrato sulla sua strada delle calze molto belle uguali alle sue!
Diventarono subito “amici di righe” e si divertivano un mondo insieme… giocavano, ridevano ed erano molto felici.
Un giorno però arrivo il temibile mostro Mangiarighe, feroce e avido di colori rigati… così i due si nascosero in fondo ad un bosco fitto fitto per non essere trovati.Entrambi avevano tanta paura e non volevano lasciare che le loro righe venissero risucchiate dal mostro… non sarebbero più stati così felici. Passò un giorno e un altro e un altro ancora, il pericolo sembrava quasi scampato… ma un pomeriggio assolato la testa grigia del feroce mostro fece capolino all’orizzonte… Sapevano che affrontandolo insieme avrebbero potuto sconfiggerlo, così tenendosi per mano rimasero immobili fino all’arrivo del Mangiarighe.
Era più grande e cattivo di quanto avevano immaginato, guardava le loro calze e perdeva bave appiccicose lungo il cammino… davanti a loro due enormi zampe striate di ogni colore dell’arcobaleno.
Tremarono ma rimasero uniti ripensando al piano che per giorni avevano studiato per affrontare quel brutto mostro. Tolsero in fretta le loro bellissime calze e le legarono insieme. Si misero ai due lati del mostro e presero la rincorsa… giunti alle caviglie del mostro la signora ebbe un ripensamento e s’impaurì. In seguito alla sua esitazione il signore dalle calze a righe mollò la presa e corse su una collina poco distante. La signora invece cominciò a correre ma il mostro attirato dalla fila di calze colorate sventolate nel vento la seguì senza esitazione.
Più lei correva più lui arrivava vicino così presa dal panico lasciò le calze e corse via lontano senza mai voltarsi. Il signore aveva visto tutto ma non scese mai dalla collina.
Il mostro fece una scorpacciata di colori rigati poi se ne andò… lasciando le calze a terra pallide e spente.
La luce entrò nella stanza dapprima flebile poi vigorosa…
un’altra mattina, un’altra alba senza di lui…
In pochi minuti il sole illuminò la stanza, la stessa stanza nella quale condividevano sogni colorati.
La signora pensò di uscire per fare una passeggiata, era triste, aveva perso le sue bellissime calze a righe e ancor peggio l’amore con il quale le condivideva.
Decise di scrivergli all’ombra di un pino, di far recapitare un messaggio sulla collina perchè lui sapesse, perchè capisse che senza di lui non avrebbe mai più indossato quelle calze.
L’aveva rivisto giorni prima, lui era freddo, di ghiaccio, schivo, come quando l’aveva incontrato per la prima volta. Scrisse una lunga lettera di sogni e speranze, la affidò ad un pappagallo dalle piume folte e ambrate che conosceva bene la foresta. Lo accarezzò e gli chiese con voce tremante di volare come non aveva mai fatto prima e portare al signore quella piccola busta.
Attese una risposta… ma non arrivò… così attese ancora… e ancora… e ancora.
Passarono i mesi e un giorno d’inverno, la signora uscì di casa, comprò un nuovo paio di calze a righe… e poi un’altro il giorno seguente e un’altro ancora, ma non le indossava mai… le ripiegava con cura, le riponeva nell’armadio e stava ore davanti alla finestra guardando il bosco e ripensando all’immensa gioia che quell’uomo aveva portato nella sua vita. Collezionava calze aspettando il giorno in cui sarebbero stati ancora felici insieme…
Era arrivata di nuovo primavera, gli alberi in fiore profumavano l’aria e riscaldavano il cuore. Il vento era leggero, una giornata perfetta. La signora sistemò casa poi aprì l’armadio e guardò le calze… erano centinaia ormai… le sarebbero durate tutta la vita e oltre. Ma lei in ogni caso non le avrebbe mai messe.
Mentre scrutava i colori, il cielo si oscurò, divenne buio.
Per un attimo pensò ad una nuvola, o un dirigibile ma in pochi attimi sentì gridare in strada… il mostro era tornato!
Il cuore le salì in gola. Chiuse subito l’armadio e vi spinse contro il letto, cercò di prendere fiato e di non sembrare turbata. Il mostro nel frattempo si era allontanato e si dirigeva verso il bosco.
Lei era felice, finalmente le sue calze erano al sicuro… ma se il signore fosse sulla collina?
E se non si fosse accorto dell’arrivo di Mangiarighe?
Corse più forte che poteva, in mezzo agli alberi e ai cespugli, graffiandosi con i rami, arrivò con parecchio vantaggio sul mostro, che nel frattempo si era fermato a casa di un boscaiolo per depredarlo. Prese fiato e salì sulla collina, piano piano vide nascere una casa …il tetto, le finestre, la porta… era lui! Si era costruito una casetta sulla collina. Arrivò alla porta indecisa sul da farsi, non sapeva se bussare, chiamare… ma alla fine si ricordò del pericolo quindi entrò e basta.
C’era una bella cucina verde, un divano rosso, era ordinata e pulita… ma non c’era nessuno.
Forse dormiva… entrò in camera aprendo piano la porta, il letto era disfatto e una bellissima tenda a righe era appesa davanti alla finestra per non far entrare la luce. Ecco da cosa era stato attirato il mostro!!! Neanche qui trovò il signore… ma vide in un angolo un armadio uguale al suo… la curiosità prese il sopravvento e lo aprì… ciò che trovò dentro fu semplicemente incredibile.
Centinaia e centinaia di calze a righe, nuove di zecca, come le sue. Tanti colori e tante sfumature.
La gioia per quella scoperta fu incontenibile, un sorriso le si allargò sul viso e una lacrima le solcò la guancia. Lo richiuse, decise di fermare il mostro e proteggere quel piccolo tesoro ad ogni costo.
Si voltò e davanti a lei c’era il signore, che la guardava con sospetto. Lei si spaventò, sembrava arrabbiato, non riuscì ad aprire bocca. Lei guardandolo non potè fare a meno di pensare quanto fosse bello e dolce, anche con il viso imbronciato e scuro. Non riuscì a trattenere le sue emozioni e corse ad abbracciarlo. Lui rimase immobile, rigido. Lei non poteva credere di respirare ancora il suo odore.
Si staccò e cercò di spiegare il motivo del suo improvviso arrivo ma mentre parlava si sentivano già pesanti passi dirigersi verso di loro.
Tremarono.
Si guardarono e senza parlare capirono cosa c’era da fare.
Aprirono l’armadio e cominciarono ad annodare le calze come avevano già fatto in passato, questa volta però erano davvero tante.
All’arrivo del mostro una catena di centinaia e centinaia di calze era pronta ad aspettarlo…
questa volta non avrebbero fallito, non potevano, ne erano sicuri entrambi.
Cominciarono a correre giù per la collina e stavolta presero le caviglie del mostro,e continuarono a corrergli intorno fino a quando il Mangiarighe non cadde a terra… era legato come un salame.
Si guardarono. Esplose una risata… piano piano le calze assorbirono i colori che il mostro aveva mangiato e diventarono fluorescenti. Il mostro era senza forze, così lo slegarono e lo assicurarono ad un albero con una corda spessissima.
Entrarono in casa e parlarono parlarono parlarono per due giorni interi.
Quando uscirono di casa si presero per mano e si diedero un dolcissimo bacio.

Era un giorno d’inizio ottobre… fresco e luminoso, lei era in camera… semplicemente raggiante, un sorriso splendido, un bellissimo vestito indosso. Fuori c’era il signore che l’aspettava, con la sua auto scura e gli occhi brillanti. Dietro alla macchina erano attaccate file e file di calze a righe coloratissime con al fondo dei barattoli. Lei scese di corsa caricò le valige e salì in macchina, salutarono tutti e partirono insieme guardando avanti senza voltarsi, felici e colorati, pronti per nuove avventure.

Il calzino


Il primo armadio che si apriva quando volevo, era il comò. Dovevo solo tirare il pomello e dalla serratura l’anta scattava verso di me. Fra tutte le camicie, grembiulini, magliette che vi erano custodite c’era una cosa che trasformava il comò in un’avventura. Dovevo farmi strada fin nell’angolo più riposto; allora incontravo i miei calzini, che se ne stavano l’uno accanto all’altro, arrotolati e rincalzati come si usava un tempo. Ogni paio aveva le sembianze di una piccola borsa. Nessun piacere era più grande dell’immergere la mano quanto più a fondo possibile nel suo interno. Non lo facevo per il tepore. Ad attirarmi verso il fondo era “il regalo” che avevo sempre in mano in quell’interno arrotolato. Quando lo tenevo ben saldo in pugno ed ero certo del possesso della tenera massa lanosa, aveva inizio la seconda fase del gioco che portava alla rivelazione. Ora infatti mi accingevo a estrarre “il regalo” dalla sua borsa lanosa. Lo tiravo sempre più verso di me, sino a quando lo sconcerto era al colmo: avevo estratto “il regalo”, ma “la borsa” in cui era stato custodito non c’era più. Ripetevo di continuo la dimostrazione di questo avvenimento. Mi insegnò che forma e contenuto, custodia e custodito sono la stessa cosa. Mi educò a estrarre la verità dalla poesia con la stessa cautela con cui la mano infantile estraeva il calzino dalla “borsa”.



Walter Benjamin, Infanzia berlinese intorno al millenovecento, traduzione di Enrico Ganni
Ripiego ancora i calzini così, “come si usava un tempo”. Uso questo brano quando mi chiedono un pezzo da recitare , e ho pensato di includerlo nella cose che volevo scrivere oggi; e poi mi sono chiesto se questo ha a che fare con il concetto di compattezza, se c’è la paura – in me – che estraendo il cuore della questione, nel volerlo “vedere”, no no no, aspetta, diciamo le cose come stanno: se nel mettere a nudo il mio cuore io possa perdere la forma.
Di recente ho considerato che la strada che stavo percorrendo mi indeboliva, e l’ho cambiata. Il fatto è che il cuore e la strada, il mio cuore e la strada, sembrano essere tutt’uno come quel calzino, anzi quel paio di calzini. E’ come se la strada la potessi trovare solo nel cuore. Ma non in quei modi sdolcinati alla Tamaro, please! Non è quello che voglio dire, e probabilmente neanche quello che vuol dire Castaneda, o chi lo cita.
Sto pensando sì; solo in pochi estatici momenti riesco a smettere di pensare, e non durano più di un secondo. Ma immagino che un giorno le partiture più complesse saranno affrontabili e l’assenza di pensiero concederà all’essere più respiro. Anelo le pause nella musica, per l’attesa del suono di cui si riempiono, e per la pace di quell’attesa che si sa sempre soddisfatta

Il calzino spaiato















Il calzino spaiato era là, sullo stendino insieme a tutti gli altri vestiti ad asciugare. Si sentiva solo, si guardava intorno e non riusciva a vedere il suo doppio, la sua controparte, l’altro calzino. Volato via con il vento, pensava, e probabilmente era scomparso così. Una gamba di un paio di jeans cercava di consolarlo, di tirarlo su. "Facile per te parlare, sei cucita insieme all’altra gamba, nessuno vi separerà mai…" gli rispondeva. La gamba guardava la sua doppia e rimaneva un po’ triste, ma non sapeva che altro fare. Un pantalone di un pigiama cercò di consolarlo "In fondo anche la mia maglia potrebbe volare via." Il calzino continuava a guardarsi intorno, per niente consolato. Immaginava la sua vita d’ora in poi…che cosa avrebbe fatto? Sarebbe diventato strumento di piacere onanistico per qualche ragazzino brufoloso? Sarebbe stato buttato via? E intanto immaginava il ritorno nel cassetto della biancheria.    
Lì si sarebbe trovato costantemente fuori luogo in mezzo a tutte le altre paia di calzini. E le mutande lo avrebbero guardato fiere dall’alto della loro insopportabile individualità. In fondo, che senso ha essere un calzino spaiato? E si chiedeva che fine avesse fatto l’altro calzino, dove fosse volato. Ma sapeva che non sarebbe mai tornato, ne era consapevole, eppure non riusciva a rassegnarsi all’idea di questa separazione. Da quando si erano incontrati sembrava che fossero stati creati per un unico scopo, quello di stare insieme. Eppure qualcosa li aveva separati. "Come faccio a rassegnarmi?" Si chiedeva. Avrebbe d’ora in poi vissuto in maniera solitaria, o sarebbe stato buttato via? Sì, buttato via, magari, almeno non avrebbe più sofferto.


In fondo se un asciugamani si strappa in un punto, può ancora asciugare, se un paio di pantaloni hanno un buco possono ancora essere indossati, se una maglietta perde il colore, uno scopo glielo si trova.
Ma un calzino spaiato, che senso ha?

mercoledì 28 ottobre 2009

Stendini per calzini spaiati o calzini di riserva? Idee per lavandai disordinati




Non importa quanto siate precisi e metodici quando si tratta di fare le faccende domestiche: vi sarà sicuramente capitato almeno una volta di trovarvi nella lavatrice un calzino spaiato.
Un’esperienza molto spesso frustante: non importa dove si guardi, il calzino in questione sembra non venire fuori, se non quando vi dimenticate che lo stavate cercando, o vi siete rassegnati a buttarlo via.
Cosa fa la massaia ossessivo-compulsiva che c’è in voi di fronte a queste situazioni di emergenza? Conviene rimettere nella biancheria sporca il calzino pulito, aspettando che spunti fuori anche il suo gemello? 
Conviene trovare il pretesto per caricare un’altra volta lavatrice, giusto per poter mettere a lavare anche il calzino ancora sporco? 
Se riporrete il calzino orfano nel cassetto, non finirete col dimenticarvi che è spaiato, per poi ritrovarvi al prossimo lavaggio con un altro calzino che non fa coppia con nessun altro?


A metà tra l’accessorio di arredamento per case abitate da studenti sprovveduti e la soluzione pratica ad un annoso problema di tutte le casalinghe, lo stendino che vedete in alto è stato pensato appositamente per ospitare i calzini spaiati in attesa che vengano recuperati i loro compagni. 
Per i pazienti maniaci dell’ordine che vorranno sedersi lungo il proverbiale fiume, attendendo che il calzino in questione passi loro sotto al naso solitari, lo stendino per calzini spaiati è in vendita a 19,95 $ (14 €) disponibile in rosso ed in blu, ed i vostri cassetti non pulluleranno più di tristi calzini [via Fashionably Geek].


Per coloro invece che non sopportano tanta asimmetria, e sono tentati di sbarazzarsi immediatamente del calzino solitario la soluzione che fa per loro sono i calzini in vendita su Throx, che includono in ogni confezione un pezzo di riserva da utilizzare in caso di smarrimenti inaspettati.
Con lo slogan “tre calzini al prezzo di due” (12 $, circa 9 €), questo sito si propone di offrire una soluzione definitiva a tutti i disordinati più inguaribili. O di vendervi a caro prezzo un’idea che potevate anche farvi venire da soli. [via 
Fashionably Geek]